Contatti

(Estratto da: RAPPORTI ISTASAN 15/4 ; “La qualità dell’aria indoor: attuale situazione nazionale e comunitaria. L’esperienza del Gruppo di Studio Nazionale sull’Inquinamento Indoor”
Istituto Superiore di Sanità; Roma, 28 maggio 2014)

Introduzione
L’inquinamento dell’aria degli ambienti confinati non industriali rappresenta un importante problema di sanità pubblica con grandi implicazioni sociali ed economiche. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha riconosciuto che la qualità dell’aria negli ambienti indoor ha uno specifico ruolo come determinante di salute (1). Il fumo, l’uso di prodotti di pulizia, il nuovo mobilio, la muffa sulle pareti, gli animali domestici e le attività edilizie rappresentano le principali fonti di inquinamento indoor (2-5). Nell’ambito delle attività edilizie, quale costruzione, ristrutturazione o restauro, alcuni studi hanno evidenziato un’associazione tra l’uso di colle, solventi, vernici, tipologie di pavimentazione e l’inquinamento indoor e/o effetti sulla salute (4-7). Nella maggior parte dei casi, l’inquinamento indoor interessa le aree sede di opere di ristrutturazione (4, 8). In questo lavoro si presentano 4 casi di inquinamento indoor diffuso in appartamenti sottostanti le abitazioni sede di lavori di ristrutturazione / manutenzione. I quattro casi sono stati segnalati all’Unità Operativa (UO) di Rischio Ambientale del Dipartimento di Salute Pubblica dell’Azienda USL di Bologna cui compete la materia e seguiti dalla stessa fino alla risoluzione del problema.

Materiali e metodi
A seguito di segnalazione di inquinamento indoor è stato condotto un primo sopralluogo, nel corso del quale si sono acquisite informazioni in relazione al tipo di lavori eseguiti e ai prodotti utilizzati. Successivamente sono stati effettuati una serie di campionamenti dell’aria al fine di individuare e quantificare gli inquinanti diffusi a seguito dei lavori. Per il prelievo dell’aria sono stati utilizzati campionatori passivi tipo Radiello C 145 a deadsorbimento termico o tipo Radiello C 130 a deadsorbimento con CS2. Il campionamento è stato effettuato con infissi chiusi posizionando i campionatori al centro delle stanza ad una altezza di 1,50-1,70 m circa dove gli odori risultavano più forti. La durata dei campionamenti è stata variabile (da 7 ore a 168 ore). I campioni prelevati sono stati consegnati refrigerati al laboratorio analisi e analizzati in GCMS (metodo UNI EN ISO 16017 per i Radiello C145; metodo interno per Radiello C130). In un caso, il prodotto utilizzato conteneva in piccole quantità isocianati che però non sono stati studiati perché il laboratorio di riferimento non poteva fornire una risposta analitica. Rapporti ISTISAN 15/4 118.
Poiché ad oggi mancano norme nazionali o europee che regolano la qualità dell’aria in ambiente confinato (9-10), le concentrazioni aerodisperse trovate sono state messe a confronto con le soglie di rischio minimo (Minimal Risk Levels, MRL) indicati dall’ATSDR (Agency for Toxic Substances and Disease) per individuare le concentrazioni problematiche. Per gli idrocarburi aromatici (C9-C10) e alifatici C10-C13 è stata consultata la letteratura internazionale (11, 12), non trovando alcun riferimento per la popolazione.
I campionamenti sono stati ripetuti più volte, in più ambienti fino a quando le concentrazioni ambientali sono risultate prossime a quelle dei valori di riferimento, ritenendo a quel tempo concluso il periodo di follow-up. In due casi (il primo e il quarto) sono stati condotti anche prelievi di aria con campionamenti attivi in parallelo con il campionamento passivo, utilizzando campionatori portatili Gil Aire 5 e fiale di carbone tipo standard (metodo di analisi UNI EN 13649). I valori di concentrazione degli inquinanti rilevati con le due tecniche hanno mostrato una sostanziale comparazione. Tra un campionamento e l’altro si è raccomandato di scaldare gli ambienti a finestre chiuse e successivamente aerare i locali interessati. In realtà non si è certi che il suggerimento sia stato seguito.

Risultati e discussione
Caso 1
In una delle camere dell’appartamento in ristrutturazione è stato incollato un nuovo pavimento in legno sul preesistente in marmo. Prima della messa in posa è stata praticata una traccia di 3 cm di profondità e 50-60 cm di lunghezza per posizionare i tubi dell’impianto di riscaldamento. Il giorno seguente ai lavori gli inquilini dell’appartamento sottostante hanno avvertito un forte odore di solvente nella camera da letto del bimbo e in minor misura nella loro.
Dopo alcune settimane hanno segnalato al Dipartimento l’accaduto con la richiesta di intervenire dato che l’odore non si era attenuato e si aveva timore per la propria salute, tanto da essersi trasferiti momentaneamente presso parenti. Nel corso del sopralluogo, nonostante il tempo trascorso, nelle due camere era avvertibile nettamente l’odore di solvente, mentre non è stato percepito alcun odore nell’appartamento sede dei lavori. Dalle informazioni acquisite dalla ditta esecutrice dei lavori è risultato che per l’incollaggio era stata utilizzata una resina bicomponente epossidica la cui composizione è riportato nella Tabella 1.

Nella Tabella 2 si riportano i valori di concentrazione degli inquinanti trovati nella camera del bimbo, situata sotto la camera dove è avvenuta la posa del parquet. In essa sono riportati: gli inquinanti trovati, le relative concentrazioni e i valori di riferimento trovati in letteratura per alcuni di essi; il tempo intercorso tra le varie giornate di campionamento.

Come si può facilmente vedere gli inquinanti con concentrazioni maggiori hanno raggiunto i valori prossimi a quelli indicati dai valori di riferimento dopo circa sei mesi. L’odore era percepibile durante i primi quattro campionamenti ma non quando è stato effettuato il sopralluogo per l’ultimo campionamento.

Caso 2
In questo secondo caso nel corso dei lavori di ristrutturazione è stato consolidato il massetto esistente prima della posa del nuovo pavimento. A seguito dell’impiego del prodotto si è avvertito nel corrispondente appartamento sottostante odore di solvente. La segnalazione è pervenuta al Dipartimento dopo alcune settimane, a lavori ultimati. Gli inquilini nel frattempo si erano trasferiti in un altro appartamento.
La scheda tecnica del prodotto utilizzato, di cui si riporta il contenuto nella Tabella 3, tra le istruzioni all’uso riportava di accertare la presenza di barriere impermeabili prima del suo uso in ambienti di vita.

In Tabella 4 si riportano le concentrazioni degli inquinanti rilevati nella camera dove l’odore era più persistente e con le informazioni a corredo. Per raggiungere i valori di riferimento sono occorsi circa 10 mesi. L’odore è stato percepito dal primo sopralluogo al penultimo campionamento.

Caso 3
Questo caso ha riguardato il trattamento di travetti di legno del sottotetto con un prodotto antitarme. Interessati alla diffusione degli inquinanti sono stati i tre appartamenti dell’ultimo piano. Il nostro intervento è avvenuto dopo poco meno di una settimana dal manifestarsi degli odori. In questo caso è stato possibile campionare anche il prodotto tal quale e confrontare il profilo chimico delle sostanze in esso contenute con quelle presenti nell’aria ambiente. Durante il nostro sopralluogo, gli inquilini hanno lamentato variabili livelli di preoccupazione e di sintomi soggettivi: dall’irritazione alla gola, agli occhi e nausea al solo fastidio per l’odore di nafta avvertibile chiaramente. Le stanze con odore più forte pertanto non venivano utilizzate dagli inquilini. Per facilitare la dispersione degli inquinanti sono state praticate delle aperture sul coperto. Il contenuto dell’antitarme è presentato nella Tabella 5.

Nella Tabella 6 vengono riportati i risultati delle analisi riferiti ad un solo appartamento. Gli inquinanti derivanti dal prodotto utilizzato sono gli idrocarburi aromatici C9-C10 e alifatici C10-C13, che sono diffusi in modo omogeneo in tutti e tre gli appartamenti. I valori delle concentrazioni ritrovate sono risultati simili. Durante il sopralluogo per il secondo e il terzo campionamento non si percepiva più l’odore.

Caso 4
La segnalazione ha riguardato un episodio di inquinamento di più camere di un appartamento a causa della ristrutturazione di un appartamento al secondo piano con stesura di un prodotto impermeabilizzante, guaina liquida elastomerica bituminosa a base solvente, su laterizio prima della posa del massetto costituito da materiale “alleggerito”. La composizione riportata in Tabella 7.

Nelle avvertenze riportate nella scheda tecnica era espressamente indicato di non usare all’interno di abitazioni o in ambienti non aerati. Entrando nell’appartamento era avvertibile un odore di nafta. Anche in questo caso è stato prelevato un campione di prodotto tal quale per un’analisi qualitativa che ha rilevato la presenza di sostanze organiche volatili quali: nRapporti ISTISAN 15/4 122 butilacetato-etilbenzene – xileni isomeri-solvesso100-n-butanolo-toluene; in quantità trascurabile anche etanolo, etilacetato, acetone e isopropanolo.

La Tabella 8 presenta i risultati delle analisi. L’odore era percepibile durante la prima visita di sopralluogo e durante i primi due campionamenti.

In tutti i casi, durante il follow up gli inquilini presentavano livelli variabili di preoccupazione e senso di fastidio per la riduzione della qualità dell’aria. I sintomi di irritazione inizialmente riportati sono gradualmente scomparsi.

Conclusioni
Le attività di ristrutturazione edile sono fonti di inquinamento indoor accertate, la letteratura internazionale riporta episodi di concomitanza tra l’aria inquinata e relativa area ristrutturata (2-5).
In questo lavoro invece le aree inquinate non sono state la sede diretta dei lavori. A nostra conoscenza solo Brown (2) descrive un caso di inquinamento indoor che coinvolge sia l’area ristrutturata che l’area sovrastante. Non è stato possibile trovare una spiegazione del meccanismo che ha portato agli episodi di inquinamento; in tre casi è stato però riscontrato che le indicazioni del produttore non erano state seguite, e a questo potrebbe essere almeno
parzialmente attribuibile l’inquinamento rilevato. I risultati delle analisi, riportati, mostrano la presenza di concentrazioni molto alte dei COV
quali toluene, xilene, etilbenzene, diclorobenzene, alcani C10-13, idrocarburi aromatici (C9- C10), presenti nei prodotti di partenza, generalmente più alte di quelle riportate in letteratura per gli ambienti residenziali e non residenziali dopo attività di ristrutturazione (2, 5, 8, 11-14).
La riduzione delle concentrazione degli inquinanti è avvenuta con velocità variabile, e in due casi il raggiungimento dei livelli di riferimento è avvenuto dopo vari mesi. Nello studio di Herbarth (3) il tempo per raggiungere i valori delle linee guida è stato più breve, tra le 2 e le 8 settimane. Periodi più lunghi (8-17 settimane) sono stati osservati da Brown (2). I motivi per cui Rapporti ISTISAN 15/4 123 alcuni dei nostri casi mostrano concentrazioni degli inquinanti a lungo elevate non sono molto chiare. Il toluene nell’atmosfera è degradato rapidamente per reazione con i radicali idrossilici acresolo e benzaldeide con una emivita di circa 13 ore (15). Lo xilene è trasformato nell’atmosfera per processi di foto-ossidazione con una emivita di 8-14 ore utilizzando una concentrazione di radicali idrossilici di 5×105 molecole/cm3 e un giorno di 12 ore (16). Riala et al. (17) hanno osservato che quando è possibile creare una forte corrente in una stanza con finestre e porte aperte, la concentrazione diminuisce ad un quinto di quella presente in ambiente
chiuso. Nei nostri casi, non abbiamo verificato fino a che punto ci sia stata aderenza alla nostra raccomandazione di ventilare i locale, e difatti la persistenza prolungata di inquinanti negli ambienti potrebbe essere spiegata da una ventilazione poco ottimale. Inoltre anche l’uso di una quantità eccessiva di prodotto, o condizioni locali limitanti l’evaporazione potrebbero essere annoverate tra le cause della persistenza. Studi ad hoc sarebbero necessari per comprendere
questo aspetto.
Negli ultimi anni il tema dell’inquinamento indoor ha ricevuto sempre più attenzione da parte della comunità scientifica e da organismi internazionali, che hanno contribuito a predisporre linee guida su questo tema (18-20). La sede europea dell’Oms ha sviluppato in particolare una linea guida con i valori guida per un alcuni inquinanti (19), ma non per quelli coinvolti nei casi studiati per i quali mancano anche linee guida nazionali o della comunità
europea. Per essi è stato necessario consultare la letteratura internazionale o organismi degli Stati Uniti. Da notare che non tutti gli inquinanti trovati sono da addebitare ai prodotti utilizzati nel corso dei lavori. Nel caso 3 ad esempio alcune sostanze rilevate, come il limonene, il pentano, l’esano, sono state trovate solo in 2 su 3 appartamenti e non sono state trovate quando si è analizzato il prodotto tal quale, il cui tracciato gas-cromatografico ha mostrato la sola
presenza di idrocarburi alifatici e aromatici con punto di ebollizione da 160 a 230°C con profilo sovrapponibile ai campioni di aria ambiente. Non erano presenti altre sostanze rinvenute nei campioni di aria ambiente. Nel caso 4 l’analisi del prodotto elastomerico ha evidenziato una maggiore e più variegata qualità di sostanze quali il n-butilacetato, etilbenzene, xileni (miscela di isomeri), solvesso100, n-butanolo, toluene e, in quantità trascurabili, etilacetato, acetone, etanolo e isopropanolo, tutti presenti negli esiti dei campioni.
Per la coerenza tra sostanze rilevate col campionamento e quelle riportate nella scheda dati di sicurezza possiamo attribuire, con un ampio grado di confidenza, l’inquinamento alle attività di ristrutturazione e ai prodotti ivi utilizzati. Questo lavoro conferma la rilevanza delle attività di ristrutturazione come fonte di inquinamento indoor, sottolineando la criticità nella scelta del tipo di prodotti e dei metodi utilizzati. Emerge inoltre la necessità di disporre di valori di riferimento guida riconosciuti a livello nazionale soprattutto per quegli inquinanti che presentano gravi rischi per la salute.

Si ringraziano gli Autori: Italia Grifa (a), Elisa Stivanello (a), Angela Ganzi (b), Antonia Incerti (c), Marco Ballabeni (c), Gaetano Settimo (d), Fausto Francia (a)
(a) Unità Operativa Rischio Ambientale, Dipartimento di Sanità Pubblica, AUSL di Bologna, Bologna
(b) Servizio Igiene e Sanità Pubblica, Dipartimento di Sanità Pubblica, AUSL di Reggio Emilia, Reggio Emilia
(c) Sezione Reggio Emilia-Progetto Rifiuti e Tossicologia Industriale, Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente Emilia Romagna, Reggio Emilia
(d) Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore di Sanità, Roma

 

Bibliografia

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